mercoledì 26 settembre 2012

Cauchemar

Ero solito pensare a quanto fossi ancora giovane e immerso nei miei studi per poter iniziare a concentrarmi sul mondo del lavoro, specialmente nel caso in cui la crisi economica colpisce l'intero pianeta e tutti gli sforzi sembrano vani, inesorabilmente, dovunque nel mondo ci si trovi in questo momento, si scivola sempre più velocemente verso il basso.

Quest'anno, finalmente, la mia prima esperienza lavorativa: un tirocinio piuttosto che un vero e proprio lavoro, ma ho dovuto comunque reggere gli stessi ritmi degli altri, con meno responsabilità e con uno stipendio più basso.
Come mi è già capitato di scrivere in questo blog coronato da vari disturbi di natura ossessiva-compulsiva, mi sono innamorato del posto, la città è perfetta per me e il lavoro mi soddisfa abbastanza, dunque, dopo averci pensato su per varie settimane, chiesi a quell'incompetenza fatta a persona del mio capo se per caso ci fosse la possibilità che fossi assunto come fisso, non più come tirocinante, per un altro paio di mesi, giusto il primo semestre, il tempo necessario per poter stare lontano dall'altra città nella quale sarei dovuto tornare a breve e nella quale ho trascorso uno degli anni peggiori della mia vita, e poi tornarci solo per il periodo che scorre più rapidamente di tutti gli altri; dapprima ricevetti una risposta positiva e soddisfatta: era una pacchia per il mio "boss" non dover assumere sconosciuti, formarli in un paio di giorni e vivere nell'ansia dei probabili errori che questi ultimi avrebbero potuto commettere, dato che io avevo già ricevuto la mia personale formazione per ben due mesi e mezzo e lei si dichiarava soddisfatta del mio modo di lavorare.

Tutto sembrava dunque perfetto: finalmente, dopo qualche tempo, la fortuna pareva aver iniziato a girare dalla mia parte; eppure sentivo da qualche parte, seppellito sotto una montagna di gioia paragonabile a quella di Cappuccetto Rosso che trotterella nel bosco, il sentimento che qualcosa fosse destinato ad andare storto.
Detto, fatto. Da un giorno all'altro (secondo quanto propinatoci con il suo minestrone retorico) l'impresa, che come tutte le altre affronta un momento difficile dovuto alla maledetta crisi che tutti affligge e solo le banche risparmia, sente la necessità di chiudere un ostello che ha ottenuto un successo strepitoso durante l'estate solo perché, durante la bassa stagione, com'è auspicabile, il numero di prenotazioni è calato. Risultato: tutti in strada.

Decido di non demordere: ho qualche soldo da parte, la città è abbastanza economica, forse per qualcuno che parla quattro lingue trovare un lavoro non sarà un problema così insormontabile. Mi lancio dunque a capofitto in un nuovo hobby: la distribuzione di curricula vitae, che sia online o di persona; l'unica speranza è quella di essere chiamato da qualcuno entro il mese prossimo, speranza piuttosto vana, checché se ne dica, la situazione ha rovinato le vite di gente molto più valida di me e con esperienza pluriennale, perché dovrei essere io il fortunato beneficiario di un posto di lavoro discretamente pagato, se si considera la sfortuna generale che mi perseguita da un anno a questa parte?

Le puntate della mia noiosa esperienza di vita seguiranno a breve, sperate ardentemente per me che lo stalker personificatosi nella sfiga imperante trovi qualcun altro/a a cui interessarsi e che smetta di perseguitarmi.

Stay tuned and you will be updated as soon as possible!

lunedì 10 settembre 2012

Salto nel buio

Continuo a ripetere, non appena mi si presenta l'occasione, di come sia perfettamente consapevole dell'enorme importanza che riveste la mia formazione e il mio futuro professionale, credo di averlo fatto anche qualche post fa; non rimangerò mai ciò che ho scritto, perché lo penso ancora. In tempi come questi il futuro ha la precedenza su qualsiasi altra cosa: la crisi imperversa ed è quantomeno necessario cercare di andare avanti come si può, ringraziando se si ha la fortuna di avere un lavoro.

Facile a dirsi.
Non avevo messo in conto la volubilità, dopo tanto tempo speso sempre nella paradossale routine del cambiamento, arriva un momento in cui ciò che si desidera è solo un po' di stabilità; le ragioni possono essere molteplici: la paura dello sconosciuto, l'amore particolare per un luogo, una persona speciale, un'offerta interessante, la stanchezza.
Non credevo di potermi innamorare così tanto di una città come Granada, eppure avrei dovuto aspettarmelo, ha tutto quello che a me piace: dimensioni ragionevoli, una popolazione abbastanza giovane, dovuta alla presenza di uno dei più importanti atenei del paese, un clima abbastanza temperato, una storia, la semplicità.

Ed eccomi qui, pur cosciente del fatto che non posso restare in Spagna per tutta la vita, alla disperata ricerca di una ragione, qualsiasi cosa, il primo motivo valido che mi consenta di rimanere qui a fare qualcosa di utile e piacevole sufficiente da permettermi di rimanere senza sentirmi in colpa perché sento di star perdendo il mio tempo che, per quanto mi si continui a rimarcare il fatto che la mia età è giovane e ho ancora tutta la vita davanti, questo sfugge e si rivela ogni secondo più prezioso.
Sono combattuto perché mi ritrovo ancora una volta davanti a una scelta fatta tante volte nella mia vita, un bivio nel quale ho preso sempre la stessa direzione, ma ogni volta mi sono ritrovato sempre meno convinto al momento della svolta.
Non è facile, specie se il tempo scorre e la morsa si stringe, la necessità di prendere decisioni rapide cresce e la mia indecisione decide di non lasciarmi in pace per principio.
Non mi resta che buttarmi ad occhi chiusi.