domenica 15 settembre 2013

Paws up! Ma forse anche no

Ultimamente, una costante tematica che entra a far parte delle mie conversazioni è la mia ormai superata passione per Lady Gaga (o GaGa?).

Non sono mica lontani il 2010 e il 2011 quando, ai miei primi anni di università e nel muovere i miei primi passi nella frequentazione di vere e proprie discoteche, facevo del mio sfegatato supporto nei suoi confronti la mia bandiera, un vanto o persino una ragione di vita.

Con il senno di poi mi rendo conto di quanto un ragionamento del genere possa essere ascritto ai tipici comportamenti adolescenziali. E l'imbarazzo non è indifferente.
Dopo una breve pausa per presunti problemi di salute, la beniamina tanto amata dagli omosessuali è tornata con un nuovo album, un nuovo progetto non necessariamente particolare o innovativo, per quanto, a suo dire, qualunque cosa lei faccia potrebbe essere paragonato alle grandi rivoluzioni della storia. D'altronde, cosa apportano di diverso dall'Illuminismo francese le sue canzoni orecchiabili? Non mi sentirei mai di mettere in discussione tale verità assoluta.

Un amico mi ha raccontato di recente del suo incontro ravvicinato del terzo tipo con la popstar -per quanto veritiero o meno possa essere il suo racconto- riassumendolo con una semplice ma spassosa frase: "She was nice at me, but she was talking shit.".
Siamo tutti consapevoli di come la celebrità può dare alla testa spesso e volentieri, che sia per il potere del denaro, che sia per l'uso smisurato di droghe, che sia semplicemente per l'abilità innata dell'essere umano di perdere qualsiasi parvenza di umiltà in occasione del raggiungimento di un obiettivo agognato con ottimi -o anche semplicemente accettabili- risultati.

Resta comunque provato il fatto che, a prescindere dal taglio di nuovi traguardi, la ragazza non ha più quell'aura di novità che poteva trasmetterci fino a quattro o cinque anni fa, bensì ormai ha attaccata a sé quella patina di stantio che attribuiscono i pseudo-conflitti e provocazioni reciproche tra lei e le sue colleghe "bitch".

Con tutto ciò, non intendo assolutamente rinnegare il mio passato da Little Monster, quando anche io trascorrevo un buon numero di minuti giornalieri a provare e riprovare le coreografie delle mie canzoni preferite davanti allo schermo di un computer per poi "allietare" i miei amici riproducendole in discoteca. Semplicemente si tratta di una di quelle tante pagine che, durante la nostra vita, giriamo e teniamo più o meno nascoste nel nostro armadio assieme agli altri scheletri.

Checché se ne dica, negherò mai che, ancora oggi, l'acuto "I don't wanna be friends" verso la fine di Bad Romance è ancora una delle cause della mia afonia la domenica mattina.

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