lunedì 2 settembre 2013

Solitudine forzata

Un abbozzo di riflessione della domenica pomeriggio/sera/notte che ho deciso di condividere coi miei fantomatici lettori.
A seguito di un fine settimana di devasto e festeggiamenti, dopo aver finalmente trovato il mio posto in città, nonché uno scopo concreto per il quale svegliarmi tutte le mattine, arriva quella giornata durante la quale si tirano le somme della settimana e il male di vivere ci sovrasta e decide di appollaiarsi sulle nostre spalle -o teste, nel caso in cui si sia alzato il gomito la notte prima- come i pappagalli sui trespoli: la domenica.

Tra una chiacchiera e l'altra, rigorosamente per via telematica, perché non ho alcuna voglia né forza di schiodarmi dalla mia camera da letto, si giunge improvvisamente ad un discorso che parrebbe impegnato: gli scopi della vita.
Ok, forse metterla in questo modo è un po' troppo generico, la discussione verteva principalmente sulla condivisione della propria vita assieme ad un'altra persona.

Qualcuno una volta mi disse che veniamo cresciuti con la convinzione che noi esseri umani affrontiamo gli ostacoli quotidiani con maggiore difficoltà se siamo lasciati a noi stessi e dobbiamo farlo da soli. La stessa persona ha poi aggiunto che niente sarebbe più sbagliato dell'affermazione precedente, in quanto siamo perfettamente capaci, il problema concreto è che la nostra forma mentis non sembra consentircelo.

Mi sono così ritrovato più di una volta a riflettere su questo concetto e su altri aspetti in ordine sparso. In generale mi ritrovo a condividere quanto affermato dalla persona citata in precedenza. E' anche vero, però, che si tratta di un'ideologia talmente complessa e radicata, che vedo completamente inutile, se non deleterio, opporvisi. Vi è inoltre da aggiungere che, nonostante in generale la reputi scorretta, io pensi sia da contrastare. Non ci trovo niente di moralmente sbagliato nel voler affrontare il lungo percorso che si snoda davanti a noi scegliendosi una persona che ci faccia compagnia e che renda le fatiche più leggere.

Quello che mi limito a fare, nella mia paranoia -quando questa non sfocia in vero e proprio terrore della solitudine- è tenermi una porticina aperta verso questa filosofia, se così la possiamo definire, in modo che, se qualcosa dovesse andare storto e io dovessi ritrovarmi solo con me, myself and I, possa essere preparato ad affrontare quello che per tanti, e probabilmente anche per il sottoscritto, è una fobia vera e propria.

Pessimismo? Per farla semplice mi limito a definirlo un "pararsi il culo":

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